Sala Capitolare
Volta della Sala Capitolare
Contemporanea alla costruzione del chiostro fu quella della sala contigua, prima sala Capitolare, poi dispensario farmaceutico. Alla prima fase costruttiva conclusasi nel 1504 seguono, sul finire del secolo ulteriori opere di abbellimento, forse dopo un intervento di adeguamento del complesso nel 1571. Di particolare interesse è la volta della sala Capitolare, dipinta nel 1593 dal pittore Giulio Cesare Ferrari.
Gli storiografi classici, tra cui anche don Andrea Timolati asseriscono che il dipinto rappresenta “per lo più costumi fiori e uccelli del territorio lodigiano”. In realtà alla prima occhiata già ci si rende conto di un errore in questa definizione, poiché i fiori raffigurati sono ben pochi. Inoltre tra gli animali sono raffigurati pappagalli, leoni elefanti, leopardi cammelli e dromedari, che di certo non potevano vivere, nemmeno in quell’epoca, sulle sponde dell’Adda.
Il soffitto è occupato in gran parte da scene reali, per la restante parte da rappresentazioni fantasiose di paesaggi, azioni di caccia, spettacoli mitologici e storici e giochi guerreschi. Degna di nota è la bizzarria del gioco prospettico offerto da un cavallo il quale volta la schiena da qualunque parte della sala si guardi. Il tutto è inframmezzato da una capricciosa e svariatissima decorazione di simboli, strumenti musicali, piante, ruscelli, panneggi, motivi e simboli alchemici. L’autore di tale opera d’arte non ha lasciato di sé altre testimonianze, alla luce delle ricerche svolte. Tuttavia si ritiene che egli fosse allievo dell’emiliano Baglione e il Timolati ebbe a sostenere che l’affresco, di vaste dimensioni, non potesse essere opera di una sola mano. Nacque così l’ipotesi che l’autore, Giulio Ferrari, fosse stato aiutato nel completamento dell’opera dal fratello Cesare, anch’egli artista.