Radiologia Interventistica: 613 interventi nel 2024, il 300% in più rispetto al 2021
Radiologia Interventistica: 613 interventi nel 2024, il 300% in più rispetto al 2021
30 ottobre 2025
Comunicato stampa
Il trattamento delle patologie tumorali al primo posto
Gli interventi nel 2024 sono stati 613, il 300% in più rispetto al 2021: allora erano stati 150. Il gruppo dei professionisti impegnati è quello più giovane in ASST: l’età media è di 32 anni. Il suo responsabile Antonio Arrichiello ne ha 34. Stiamo parlando della struttura semplice dipartimentale di Radiologia Interventistica: una struttura che utilizza le tecniche di imaging e i nuovi apparati tecnologici per eseguire interventi diagnostici, ma soprattutto, e prevalentemente, terapeutici, con limitata invasività. 
 Le patologie su cui i radiologi interventisti dell'Ospedale Maggiore di Lodi operano sono vascolari (stenosi, ad esempio, o aneurismi e sanguinamenti) e in modo particolare oncologiche (ad esempio tumori epatici o metastasi da carcinoma colo-rettale).
“In quest’ultimo campo la radiologia interventistica – osserva Antonio Arrichiello – ha un ruolo importante e decisivo: nel futuro più immediato sarà sempre più crescente. Lo conferma la più recente letteratura scientifica”.
L’ablazione è la procedura più utilizzata per aggredire le lesioni tumorali. Può essere una termoablazione che utilizza il calore prodotto da microonde per distruggere le cellule malate o la crioablazione che crea una sorta di “palla di ghiaccio” attorno alla massa tumorale, demolendola. Entrambe, ricorda Arrichiello, sono procedure percutanee, senza necessità di eseguire incisioni chirurgiche. Gli strumenti interventistici accedono alle regioni anatomiche interessate attraverso piccole incisioni, spesso senza il bisogno di anestesia generale ma esclusivamente locale, permettendo così tempi di recupero assolutamente brevi. I pazienti, cioè, il giorno dopo il trattamento e una notte di degenza possono rientrare al loro domicilio.
 L’ablazione è una alternativa alla chirurgia, soprattutto per tumori di piccole dimensioni del fegato e del rene. 
“Le due procedure – aggiunge lo specialista – rappresentano la punta di diamante della nostra attività. Oggi abbiamo a disposizione una tecnologia e dispositivi di ablazione che ci consentono di intervenire con ottimi risultati”.
Ulteriori ambiti di attività interessano la “manutenzione” e cura delle fistole da dialisi, gli accesi vascolari creati chirurgicamente per consentire il trattamento dialitico, che tendono col tempo a chiudersi. Ci sono poi gli interventi in urgenza per sanguinamento, le biopsie o la discectomia percutanea, indicata per pazienti con ernia del disco.
 I livelli di complessità degli interventi sono diversi.
“Recentemente - spiega Arrichiello - abbiamo eseguito una crioablazione di una metastasi epatica di 4 centimetri su un quarantenne. Il fatto è che la lesione era nell’ilo epatico, una regione difficile da raggiungere, ma che soprattutto non poteva essere trattata con il calore: avrebbe rischiato di danneggiare e compromettere strutture nobili di quella regione”. L’intervento non ha avuto complicazioni e ha consentito al paziente di riprendere la chemioterapia.
“L’intervento più difficile tecnicamente è la TIPS (TransJugular Intrahepatic Portosystemic Shunt). Nel corso dell’ultimo anno ne abbiamo realizzati cinque”. Non tutti i centri simili all’Ospedale Maggiore sono in grado di eseguirli. “Si tratta di un intervento salvavita per gestire e controllare l’ipertensione portale che nei pazienti cirrotici può dare serissimi problemi”.
In sala angiografica, dove operano i radiologici interventisti, la tecnologia è al top di gamma: la dotazione comprende anche un software che consente, con una segmentazione del tumore, di eseguire imaging prima e dopo il trattamento. L’operazione permette di valutare se l’ablazione ha coperto il volume della lesione tumorale oppure se è necessario reintervenire immediatamente sul paziente.
Parte dell’attività della radiologia interventistica, infine, si svolge in area ambulatoriale (biopsie, visite di controllo e quant’altro).
Vale la pena segnalare che la struttura di Lodi è stata selezionata, insieme soltanto ad altre tre strutture analoghe in Italia (al Policlinico di Modena, al Gemelli e all’Umberto I di Roma) per partecipare ad uno studio multicentrico internazionale promosso dall’Ospedale Universitario di Utrecht in Olanda.
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